sabato, novembre 29, 2008

SE STUDI ANCORA TI CAVO GLI OCCHI



Partiamo da qui, non per andare via o spostarci, ma per riflettere. Italia come Argentina o giù di lì. E’ chiaro che qualcosa stia cambiando e che il passato sia troppo vecchio per darci delle risposte. Qui siamo sul web, abbiamo letto decine di testi complessi e le nostre mani non hanno pieghe né stanchezza.
La prova di sopravvivenza della macrosocietà ha somma negativa e, se non più le guerre, le singole battaglie quotidiane determineranno la resa dei normali. Di quelli come me che domani andranno a lavoro senza lamentarsi più perché è già una fortuna lavorare. Questi incerti lavoratori hanno, presumibilmente, contratto debiti (e necessità) che li strozzano, tardi per loro… ma, fino a qualche giorno fa, credevo ancora nei ragazzi che oggi sono nel loro momento di negoziazione e di scelta di vita.
Com’è possibile questo scollamento, com’è possibile non unirsi per avere un futuro? C’è in gioco il pane, non il pallone. E ancora studiano questi maledetti come se in questo anno, in questa vita, contasse ancora il titolo o la dote di famiglia. Ancora con questa università che ha rovinato parte dell’economia nazionale costringendo le famiglie a spendere i propri risparmi per far studiare i figli e, i figli, ad accettare l’allattamento fino a trenta e più anni. Allora in giro vagano soggetti invecchiati fra libri ed esami, impotenti e incapaci di reagire. Troppo molli come a Sibari nel passato, in quel passato che davvero insegnava a rifarsi, a lottare senza vergogna. Non studiate più, vi prego! Forse perché ho il diploma di perito industriale e ho lottato e, in qualche modo, vinto un piccolo spazio in cui non temo la fame e il mancato riconoscimento dei miei titoli. V’hanno preso tutto, non vi basta?

sabato, novembre 22, 2008

Esco dal tuo Blog

Non ci conosciamo, ci presentano. Nessuna parola o particolare attrazione emotiva, sei un giovane professionista o forse uno studente indeciso. Mi piace però il tuo look, la tua camicia in particolare. Fresca e nuova, precisa e composta nella tua figura ben decorata. Qualche breve intesa sui discorsi del comune amico e una corrisposta reticenza.
Ti giudico (io sconfitto) come gli altri conosciuti negli scorsi ottocentoventisei incontri di questa soglia dei Trenta. Non fai la differenza, a mio parere, e non vuoi neppure farla.
Fine serata, saluti e baci con tutti, strette vigorose, sorrisi costretti e lo scambio di qualche biglietto da visita. A questo punto Tu (che non fai la differenza) mi dai il tuo magro biglietto stampato su “stampa gratis.it” e non sei davvero nessuno. Nome, cognome, cellulare e un blog.
Perché mi dai il contatto se non sono chiamato a fare business con te?
Smisto il web e visito la tua pagina. Ottocento amici virtuali, migliaia di visite, gallery piene scatti in pose virili, scatti che mostrano un curriculum di relazioni e di esplorazione del mondo da far impallidire le rockstars!
Perfino le foto della serata precedente come se fossi stato il festeggiato o il principale protagonista…
Allora ti vedo on-line connesso come sempre (credo) e volo via per non restare imbrigliato nella tua rete, nel tuo mondo, nel posto in cui sei lodato e conosciuto da gente che non incontrerai mai.
Log Out e cerco la piazza, voglio incontrare la gente che ti fa perdere tempo e che s’incazza ma che puoi ascoltare e fissare a lungo. Cerco lo sguardo di gente che abbia il coraggio di agire nella responsabilità del vero. Yuhù?

mercoledì, novembre 19, 2008

Il mondo è bello perché è marcio

Ho pranzato fuori e la signora del locale
ha bagnato a terra per pulire. Era tardi, ok
e la sua simpatia mi ha strappato un sorriso.
Sessanta anni circa addosso per un metro e sessanta, sei anni in Spagna e un maglione di filo tipicamente medrileno. Simpatica davvero.
Mi ha detto che la mafia non esiste e che, al tempo stesso, tutto è MAFIA: l’amico che ti favorisce, gli ingressi agevolati, nelle piccole cose di ogni giorno
C’è il principio di mafia, della mafia che non c’è.
Prendo il caffè e penso che la gente abbia le sue piccole, modeste verità che non comprendo. Tiro le righe del lunedì, tanto per dire qualcosa anch’io.