La nostalgia è una forma di tristezza per qualcosa collocato oltre, distante nello spazio e nel tempo. Nella prospettiva della contemporaneità osservare un completo asservimento al “già trascorso” mi rende profondamente triste.
Parlo dei social networks basati sul recupero di vecchie figure di una vita trascorsa (ex, amici, compagni di scuola, abitanti del rione) e sulla curiosità cattiva per il loro vissuto. Pagine da esplorare con la malsana speranza di vedere negli altri “qualcuno che sta peggio”.
Parlo del crescente numero di fans della ricerca di cartoons, musiche e filmati della bella età d’Italia. Un tuffo generazionale, di coloro nati nel settimo decennio del secolo scorso, nella bucolica riconsiderazione di quei consumi e di quel progresso che li avrebbe resi prima universitari, figli di gente onesta e proba, e poi orfani in un orrendo contenitore depressivo: il nuovo mondo.
Un mondo incomprensibile che ha disatteso le loro aspettative. Quindi la sola soluzione, democratica e potente: il web. Ritrovarsi, pensare vecchiamente non recuperando - in senso antropologico - i prodotti culturali del passato ma “nostalgicamente”.
L’effetto nostalgia ha invaso ogni settore entrando nelle singole case, nelle case dei single e nelle scarne famiglie del terzo millennio. Un irretimento culturale, un non plus ultra di una società incapace di programmare un futuro, di mantenere la fiducia sul mondo e di sperare in meglio. Allora non resta altro che rimpiangere e dire ”io ci sono”, una piccola affermazione virtuale di fondamentale importanza. Se ci togliessero anche questo noi “non saremmo”. Incrocio le dita nel desiderio di scorgere nelle schede “info” dei profili personali attività d’impresa e sociali, impegno alla vita e slancio d’amore per un mondo sanguinante bisognoso di cure e di strenua capacità d’azione.
domenica, febbraio 08, 2009
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