Le crisi, la vita e l’amore. Cento tradimenti da attraversare: questo è il percorso e muovendoti attiri proiettili, sei inquieto, vai giù, ti parli ma non trovi risposte. Eppure quei denti che cariano il cuore perché sorridevano prima e ora chissà cosa stringono. Potresti essere felice fra crisi, in vita, con amore. Prima il corpo che rallenta e soffre, ti tradisce il respiro e hai freddo alle mani, se non puoi fidarti delle braccia e degli organi interni come puoi fuggire? Poi la cultura (sì, tradisce anche lei!) la cultura che s’incaglia nella bocca, che ti fa parlare e vedere le sgrammaticature e che, infine, ti rende solo e nervoso. C’è il tradimento del mestiere che ti accompagna da folti anni, quel tradimento che ti affonda e a volte si quieta ma c’è anche la gioia della tua professione così bella da farsi troppi amanti! Gli amici di scuola e di partito, i colleghi di università, i fratelli di sangue, tutti - nel tempo - tradiscono, a volte vanno via oppure - condividendo le tue debolezze - sollecitano il dolore.
Questa serie di sfide, di prove e di tormenti accompagna chi è inquieto e chi gioca con parole, colori e magie toccando la purezza. Il corpo, il diploma, la laurea, il lavoro, la cultura, gli amici... E pensi di essere forte perché hai resistito nel tempo e ora sì, potresti essere sereno, potresti fermarti e colmare quel maledetto senso di espiazione (di cosa poi?). Giusto il tempo di uno sguardo e nel sonno tornano il tradimento più doloroso e la delusione più stringente.
E’ strano sognarti ancora, con un taglio corto e una nuance chiara indaffarata a non ascoltare, a non avvertire la mia presenza. Siamo in un paesino antico tinto di rosa, il luogo che desideravo, il posto da condividere con le persone importanti frutto degli incontri rincorsi nelle città e nei templi. Io egoista nel tentativo di stringere a me ogni affetto, di stare con te, illuso di tornare e dirti mia. Ma è troppo tempo in là, contorto nella crisi che fiacca l’amore e la vita. Spero di superarti,di resistere ancora, di scordare finalmente. Perché i tuoi denti hanno sciolto i lacci dei passi che non so riannodare.
giovedì, aprile 26, 2007
giovedì, aprile 19, 2007
www.myspace.com/aroncheroes
Aron sbarca anche su Myspace.. un altro web impegno per divulgare arte e cultura!!
martedì, aprile 10, 2007
La grande Bohème
Guarda un po’ questo scemo di trent’anni che divide ancora un appartamento con altri idioti! Ha le lenzuola a letto da 6 settimane -le stesse- , lavatrice rotta, stoviglie arrampicate in una piramide di sporcizia a sfiorare il solaio. In casa sono sempre in 7/8 a prendere caffè, birra e girare messicani. Non parlano di nulla, sorridono e qualcuno si incappuccia e inizia a giocare con una palla di gomma.
Nella sua stanza c’è un letto pensile con 4 doghe tenute insieme da nastro da imballaggio che crea un effetto amaca e un bidone di cicche spente, un puzzo insopportabile.
A sinistra c’è un ripiano-scrivania, più in là una sedia e una scala di metallo, aperta, alla quale sono attaccate poche grucce a simulare un armadio. Eppure c’è un laptop a terra, surriscaldato e inservibile, due calze di spugna dalla pianta scura nell’angolo a destra. Nessuna finestra, il pc servirebbe per ultimare la tesi ma gli amici di 35 anni, laureati da 10, lavoricchiano e, in pratica, vivono ancora come lui.
Il frigo è un deserto spezzato da roba inutilizzabile: un quarto di limone vizzo, due croste di grana, una latta di pomodori scoperchiata. In casa solo il caffè e la birra, ma la moka è sempre sporca, fa i funghi e ha la guarnizione bruciata mentre la birra è calda perché nessuno la mette in frigo. Nel terzo millennio le stanze dall’affitto esorbitante, non dichiarato e sporco, costituiscono gli appartamenti della povertà che, se per qualche anno possono essere affascinanti, nel tempo assumono la faccia della decadenza più abietta.
Quel buco è la gabbia di una nuova generazione, dell’impotenza (perfino nella gioventù!) e delle fuga. Non si sa cosa sia la Bohème ma vi si è costretti non per scelta ma per imbarazzo. Un imbarazzo che non permette neppure di affacciarsi in piazza o di chiedersi cosa sia la gestione separata dei fondi previdenziali.
Nella sua stanza c’è un letto pensile con 4 doghe tenute insieme da nastro da imballaggio che crea un effetto amaca e un bidone di cicche spente, un puzzo insopportabile.
A sinistra c’è un ripiano-scrivania, più in là una sedia e una scala di metallo, aperta, alla quale sono attaccate poche grucce a simulare un armadio. Eppure c’è un laptop a terra, surriscaldato e inservibile, due calze di spugna dalla pianta scura nell’angolo a destra. Nessuna finestra, il pc servirebbe per ultimare la tesi ma gli amici di 35 anni, laureati da 10, lavoricchiano e, in pratica, vivono ancora come lui.
Il frigo è un deserto spezzato da roba inutilizzabile: un quarto di limone vizzo, due croste di grana, una latta di pomodori scoperchiata. In casa solo il caffè e la birra, ma la moka è sempre sporca, fa i funghi e ha la guarnizione bruciata mentre la birra è calda perché nessuno la mette in frigo. Nel terzo millennio le stanze dall’affitto esorbitante, non dichiarato e sporco, costituiscono gli appartamenti della povertà che, se per qualche anno possono essere affascinanti, nel tempo assumono la faccia della decadenza più abietta.
Quel buco è la gabbia di una nuova generazione, dell’impotenza (perfino nella gioventù!) e delle fuga. Non si sa cosa sia la Bohème ma vi si è costretti non per scelta ma per imbarazzo. Un imbarazzo che non permette neppure di affacciarsi in piazza o di chiedersi cosa sia la gestione separata dei fondi previdenziali.
lunedì, aprile 02, 2007
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