Cara Madre,
un giorno una studentessa triste mi chiese un sogno. I suoi occhi erano aggettanti e vuoti, la pelle gonfia aveva un’antenna per poro, era sensibile questa bambina brutta e depressa.
Nella carriera di maestro capita spesso di sentirsi dire: “Babbo, raccontami una favola”, o “ Maestro, mi canti una poesia?”.
Mai nessuno aveva però chiesto un sogno, non la sua narrazione ma un vero sogno, uno di quei pensieri che continuano al risveglio dando un senso alla luce e al fumo del sentiero.
“Il sogno che porto dentro non posso cederlo..” – pensai concentrando la fronte;
Ma quella ragazzina non aveva chiesto un mio sogno né un sogno per dormire meglio, voleva che quel gonfiore sottopelle scomparisse dal suo corpo e che non infastidisse più nessuno in questa città.
Mentre, rigido e arroccato, cercavo di quadrare le categorie del possesso, dell’Io e della proprietà singolare, la bimba mi stava chiedendo, credendomi più grande di lei, di risolvere un grosso, grosso problema.
Il peso delle nozioni, delle frasi, di ogni morte vissuta e delle troppe filosofie ingerite, ha devastato negli anni il mio pensiero più profondo, il mio corpo nelle sue intenzioni. La semplicità di una parola e di una soluzione è un’imprecazione per chi studia i libri ma ha grande valore per chi ha qualcosa da costruire rinunciando a essere un uomo dolente imbavagliato nell’impotenza del tempo terreno; chi sa leggere e volta pagina e agisce è in grado di toccare il mondo risuonando con esso nel suo sublime armonico diaframma.
Quindi io che ho per me le teorie e che le ho insegnate sempre così come a mia volta ho saputo apprenderle non posso dare nulla alle brutte bambine che chiedono un sogno per chi come loro, prima ancora che per sè. L’egoismo, i denari, gli amori negati, il cardellino seppellito vivo in cortile, le rabbie della primavera, la ruggine dei sapori, la deformazione dei gomiti, il vino e l’acrimonia, la fine del sogno privato mi hanno reso mediocre, un mediocre insegnante.
Anch’io, da bambino basso gonfio e ancora umano, ho chiesto un sogno per me. Tu, Madre, mi hai regalato ciò che desideravo.
Ho sbagliato all’epoca la mia richiesta e mi illudo ancora di avere un sogno per me, da proteggere.
Così, quando la ragazzina fissata al suolo attendeva una mia risposta, non ho potuto fare altro che inginocchiarmi e riempire di lacrime i suoi occhi.
lunedì, gennaio 15, 2007
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